DEFAULT SI O NO ?

Il problema principale della politica italiana sembra essere oggi quello di decidere CHI dovrà realizzare a danno del 99 % della popolazione la politica di tagli e sacrifici imposta dalla BCE e dal FMI. Chi dovrà tagliare le pensioni e i salari, rendere più facili i licenziamenti precarizzando ulteriormente il lavoro, smantellare i servizi sociali, finanziare opere faraoniche ed inutili come la TAV ? Fino a ieri doveva essere un Berlusconi “dimissionario”, oggi si parla di un governo “tecnico”, forse sarà domani un governo di centrosinistra uscito da nuove elezioni …  Non è certo una scelta che possa appassionarci…

Più interessante è il dibattito in corso tra gli economisti (che trova riscontro anche nel movimento) sull’opportunità o meno di accettare la bancarotta (default) dello Stato.

Già ora, nelle ricette della BCE, è previsto di fatto il default controllato della Grecia, con il taglio (haircut) di almeno il 50 % del valore del debito, soluzione ormai accettata dagli speculatori internazionali per evitare il peggio.. Soluzioni di bancarotta controllata sono state peraltro proposte in tempi non sospetti da economisti come il premio Nobel Paul Krugman.

 

FACCIAMO COME L’ISLANDA ?

Di notevole interesse la soluzione adottata dall’Islanda quando, nel 2008, è stata travolta da una catastrofica crisi finanziaria provocata dalla speculazione internazionale (il debito aveva raggiunto il 1.100 % del PIL, contro il 150 % attuale della Grecia). Il Paese, sotto la spinta della protesta popolare, ha deciso di NON PAGARE I PROPRI DEBITI: la corona islandese è stata svalutata del 60 %, i depositi bancari dei cittadini trasferiti dall’alba al tramonto in tre banche di nuova istituzione, i soldi dei creditori esteri congelati nei vecchi istituti bancari messi in liquidazione (una perdita di 85 miliardi per gli speculatori). Una ricetta che ha funzionato e che è pienamente compatibile con il sistema capitalistico, visto che ora l’economia islandese è elogiata dal FMI (sic) e l’Islanda meditava fino a pochi giorni fa di aderire all’Euro (sic !!!!).

La parola d’ordine “FACCIAMO COME L’ISLANDA” è diventata corrente nelle mobilitazioni degli “indignados” europei

UNA RICETTA UTILIZZABILE ?

Non è detto che sia così semplice, a parte che l’Islanda ha solo 320mila abitanti e quindi un impatto modesto sull’economia mondiale, l’economista Felice Roberto PIZZUTI sul “Manifesto” evidenzia come “il default dello Stato riguarderebbe l’intero suo bilancio, dunque anche quello delle istituzioni del welfare, cioè degli enti previdenziali che amministrano il sistema pensionistico obbligatorio, gli ammiortizzatori sociali e l’assistenza; quello del sistema sanitario nazionale; quello dell’istruzione” quindi niente più pensioni, stipendi ai dipendenti pubblici, servizi sociali… In più ne seguirebbe il fallimento a catena dell’intero sistema bancario nazionale con risultati difficilmente quantificabili, ma certamente catstrofici a livello mondiale.

Renato STRUMIA sul n. 31 di “Umanità Nova” evidenzia come fino ad ora siano emerse nell’ambito del movimento due linee “ 1) quella ‘sindacale’, che punta allo spostamento del carico fiscale dalle classi subalterne alle classi possidenti (patrimoniale, lotta all’evasione) sul fronte delle entrate, unito alla messa in discussione dei canali di spesa (taglio spese militari, abbandono grandi opere, investimenti su ricerca, istruzione e servizi sociali); 2) quella “politica”, che si pone su una frontiera più radicale, chiedendo un auditing sul debito, il rifiuto di pagare i debiti contratti da altri e la richiesta di fare un default selettivo; è un rifiuto esplicito del sistema finanziario nel suo complesso e dei meccanismi statali che, in teoria, dovrebbero regolarlo”. Strumia, escludendo l’opportunità di un default non pilotato che avrebbe pesantissimi costi sociali propende per la seconda soluzione che considera “solo apparentemente più’irrealistica’. È lecito dubitare della capacità del sistema di autoemendarsi per non crollare e purtroppo anche della forza sociale e politica per imporre cambiamenti nel solco della ‘linea 1’

E SE…

In ogni caso “è quanto mai necessario ed urgente approfondire la riflessione su cosa potrebbe accadere, e cosa potremmo proporre, in una società industriale avanzata che si trovasse ad avere a che fare con un default non controllato. La situazione è così complicata che potremmo anche ‘vincere’ e conseguire l’obiettivo, a dispetto della nostra impotenza. Siamo in grado di immaginare cosa accadrebbe se succedesse l’inimmaginabile ?”

Insomma. Il dibattito è aperto… Certo che una bella rivoluzione che spazzasse via in un colpo solo speculatori, capitalismo e Stato sarebbe l’ideale. Si tratta di lavorare per evitare che rimanga solo un bel sogno…

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