Testo del volantino che abbiamo distribuito all’ (A)QUEERITIVO
Che origine ha il termine queer?
Da http://www.archivioqueeritalia.com/about/queer/
Etimologicamente, le radici del termine inglese queer possono essere rintracciate nel tedesco quer, a sua volta derivante dal latino torquere: il significato originario corrisponde quindi a “diagonale, obliquo” e si oppone perciò a quel che si presenta come “dritto” (in inglese straight). Nel XVI secolo viene utilizzato come aggettivo indicante una persona dallo stile di vita eccentrico, con il significato di “strano, inusuale, deviato, perverso”. Nel XIX secolo, l’aggettivo assume infine un’accezione denigratoria, divenendo un insulto rivolto alle persone omosessuali, soprattutto di sesso maschile, traducibile in italiano con “checca” o “frocio”.
Tra la seconda metà degli anni ‘80 e gli inizi degli anni ’90 (nel periodo della crisi dell’AIDS), negli Stati Uniti la parola queer venne ulteriormente ridefinita, diventando uno strumento di autodeterminazione. Oggi chi si auto-definisce queer si presenta come soggetto eccentrico, che senza cercare di redimere la propria abiezione rivendica la libertà di praticare sesso e genere al di fuori delle norme della morale tradizionale.
La riappropriazione della parola queer avvenne allo stesso tempo ad opera dell’attivismo politico e della teoria accademica, con lo scopo di mettere in discussione non solo discorsi patriarcali ed eteronormativi, ma anche le tendenze assimilazioniste di alcuni movimenti gay e lesbici. A essere contestata è stata in particolare una concezione rigidamente binaria dell’identità sessuale, incapace di cogliere le sfumature esistenti tra il maschile e il femminile e le fluttuazioni del desiderio possibili tra eterosessualità e omosessualità.
Termine ombrello
Da quando è entrato in uso, il termine queer è stato un termine fluttuante, ma non per questo privo di significati contestualmente condivisi. Se, da un lato, la portata rivoluzionaria delle prospettive teoriche queer ha corroso dall’interno categorie d’identità stabili, dall’altro, il ricorso al queer come aggettivo per pratiche di militanza radicali diviene sempre più potente e diffuso.
Queer può essere oggi considerato un “termine ombrello” rivolto a tutte le sessualità considerate dissidenti, a quelle soggettività le cui pratiche sociali e di pensiero si discostano da quelle convenzionali, e a quelle il cui genere si situa al di fuori del consueto ordine d’intelligibilità. Il termine queer è stato per questo riabilitato da e per tutt* coloro che si oppongono a una socialità eteronormativa e normalizzata (come gay, lesbiche, bisessuali, intersessuali, transessuali e transgender, soggetti BDSM e kinky, persone asessuali o poliamorose).
Nonostante il termine queer sia inclusivo di diverse soggettività legate al sesso, al genere e all’orientamento sessuale, esso apre quindi a un ulteriore sguardo critico verso qualsiasi altra categoria identitaria stabile. L’azione politica queer si basa infatti su alleanze identificative, piuttosto che su identificazioni imposte e s’interseca con altri assi di oppressione oltre a quelli legati a sesso, genere e orientamento sessuale, come – tra gli altri – l’etnicità, la nazionalità, la classe sociale, la disabilità, la malattia o l’età.
Forte è, ad esempio, la critica corrosiva rivolta all’assimilazione di soggetti gay, lesbiche e trans* in logiche neo-liberaliste che focalizzano i propri obiettivi sul raggiungimento di libertà individuali (come matrimonio, adozione, inclusione nelle forze armate o in circuiti commerciali gay) piuttosto che la messa in discussione di oppressioni sistemiche razzializzate, sessualizzate e di classe.
Questo uso di queer come termine ombrello ha assunto particolare rilevanza nell’attivismo italiano degli ultimi anni. Alcuni gruppi radicali contestano però che, non venendo tradotto, esso perda la violenza semantica che lo caratterizza in contesto anglofono. Per questo si sceglie talvolta di utilizzare al suo posto lemmi analoghi della lingua italiana: non soltanto “frocio/frocia”, ma anche “puttana”.