CIE: come le parole deformano la realtà

Dopo l’avvento al potere di Hitler gli oppositori del regime vennero messi in “custodia protettiva” a Dachau, un termine molto rassicurante per mascherare l’universo concentrazionario.

Lo stesso uso disinvolto delle parole permette di rendere accettabile, ad una società che si definisce “democratica” la detenzione arbitraria nei CIE.

Una serie di recenti articoli di stampa ci permette di analizzare questa voluta deformazione della realtà. Secondo il Messaggero Veneto (22.9.11) le vittime della situazione sarebbero “i dipendenti del CIE di Gradisca”, dato che “dopo l’arrivo dell’ultimo gruppo di ospiti tunisini […] sono ricominciati i problemi che riguardano la sicurezza degli operatori, che lavorano sempre sotto organico e che subiscono pressioni da parte di tutti: ospiti, direzione, forze di polizia”. Gli operatori (poveri loro) sono peraltro senza stipendio da mesi…. Sembra che qui si stia parlando di un villaggio vacanze e degli animatori turistici, quando in realtà abbiamo persone detenute in una istituzione totale ( è trattato meglio il mio cane, ha detto un deputato locale poco tempo fa) e dipendenti della Connecting people disposti a svolgere (evidentemente gratis) il mestiere del carceriere.

Rincara la dose Il Piccolo (24.9.11), secondo cui gli immigrati “preferiscono il rimpatrio, o persino il carcere, al trattenimento nel CIE di Gradisca”. Qui l’articolista ricorda, bontà sua, che il “trattenimento […] con il decreto legge Maroni del giugno scorso può aumentare sino a un massimo di 18 mesi, dagli attuali 6”. Secondo il giornalista però “la rabbia degli immigrati” dipenderebbe dal fatto che sono stati organizzati dei voli charter per rimpatriare i clandestini di Lampedusa “provvedimento che però non sta riguardando la struttura isontina”.

Cioè queste persone che hanno spesso rischiato la vita per giungere in Italia ora si agiterebbero per essere espulse in fretta ! Parole che ingannano una società purtroppo dispostissima a lasciarsi ingannare…

 

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