Il defunto giudice D’Ambrosio verrà probabilmente ricordato dai posteri essenzialmente per la surreale sentenza con cui lo Stato ha cercato di erigere una pietra tombale sulle indagini relative all’uccisione di Pinelli.
Dopo che Pinelli era “caduto” da una finestra del quarto piano della Questura di Milano nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 1969 le versioni della Questura erano state diverse e contraddittorie.
PRIMA VERSIONE: Pinelli era coinvolto negli attentati, il suo alibi per il pomeriggio del 12 dicembre era crollato e sentendosi ormai perduto ha scelto la soluzione estrema, gridando ” è la fine dell’anarchia”, si è lanciato fuori dalla finestra, abbiamo tentato di fermarlo ma senza riuscirci. “Era fortemente indiziato di concorso in strage…il suo alibi era crollato… si è visto perduto… è stato un gesto disperato… una specie di autoaccusa insomma” dichiara alla stampa il questore Guida nelle prime ore del 16 Dicembre e poche ore dopo (di fronte alle perplessità che incominciano ad emergere) ribadisce: “Vi giuro che non l’abbiamo ucciso noi ! Quel poveretto ha agito coerentemente con le proprie idee. Quando si è accorto che lo Stato, che lui combatte, lo stava per incastrare ha agito come avrei agito io stesso se fossi stato anarchico”
SECONDA VERSIONE: quando Pinelli ha spalancato la finestra, abbiamo tentato di fermarlo e ci siamo parzialmente riusciti, nel senso che ne abbiamo frenato lo slancio: come dire, ecco perchè è scivolato lungo il muro. Ma questa versione è stata resa a posteriori, dopo cioè che i giornali avevano fatto rilevare la stranezza della caduta.
TERZA VERSIONE: la più incredibile, fornita “in esclusiva” il 17 gennaio al Corriere della Sera: quando Pinelli ha spalancato la finestra, abbiamo tentato di fermarlo e uno dei sottufficiali presenti, il brigadiere Vito Panessa, con un balzo “cercò di afferrarlo e salvarlo; in mano gli rimase soltanto una scarpa del suicida”. I giornalisti che sono accorsi nel cortile subito dopo la caduta ricordano benissimo che l’anarchico aveva ambedue le scarpe ai piedi !
QUARTA VERSIONE: dopo che l’alibi di Pinelli era risultato assolutamente valido: Pinelli, innocente, bravo ragazzo, nessuno di noi riesce a spiegarsi il suo gesto. “Fummo sorpresi del gesto, proprio perché non ritenevamo che la sua posizione fosse grave. Pinelli per noi continuava a essere una brava persona, probabilmente il giorno dopo sarebbe tornato a casa” (Calabresi, 8 gennaio 1970)
QUINTA VERSIONE (quando le precedenti non reggono più). È stato un incidente: Pinelli si è sentito male ed è caduto giù dalla finestra.
È ad avvalorare quest’ultima versione che lavorerà negli anni successivi la Magistratura. Prima (1970) con la sentenza del giudice Caizzi, che si conclude con un sibillino verdetto di “morte accidentale” poi nel 1975 con la sentenza del giudice D’Ambrosio secondo cui Pinelli sarebbe stato vittima di un “malore attivo” in pratica: sentendosi male, anziché accasciarsi a terra, si sarebbe buttato da solo giù dalla finestra…