NO CIE

CENTRI DI IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE

Cosa sono
I CIE sono luoghi di detenzione amministrativa, paradosso logico e giuridico, strutture in cui gli “ospiti” sono sottoposti di fatto ad un regime carcerario, ma senza permessi di uscita o di visita. Sono prigioni per persone che non hanno – o, sempre più spesso, non hanno più – i documenti in regola. Sono a decine sparsi per l’Italia, uno di questi a Gradisca d’Isonzo, a pochi chilometri da qui.

Come funzionano A volte, chi viene fermato senza permesso di soggiorno in regola, viene portato in uno di questi centri, ufficialmente in attesa di essere identificato ed espulso. Possono essere clandestini appena arrivati, o fermati per strada, ma anche, ad esempio, persone uscite dal carcere (che quindi hanno già subito un processo, durante il quale la loro identità è stata accertata) o stranieri che per anni hanno soggiornato regolarmente e che poi perdendo il lavoro hanno anche perso il permesso di soggiorno…

La collettività paga a coloro che gestiscono questi centri una quota “ad ospite” che si aggira mediamente attorno ai 60-80 euro al giorno, senza contare i costi strutturali e la manutenzione straordinaria. Più “ospiti”, più soldi. Un business notevole, i cui conti restano ben poco trasparenti.

Spesso gli enti gestori sono delle cooperative. Così il CPT (ora CIE) di Gradisca d’Isonzo è stato gestito in un primo tempo dalla cooperativa Minerva, poi dal consorzio Connecting People e, dopo una discussa gara d’appalto  dal giugno 2011 avrebbe dovuto subentrare il consorzio temporaneo d’impresa fra la francese Gepsa e tre soggetti italiani: Cofely Italia e le coop. Acuarinto di Agrigento e Synergasia di Roma (dopo un’accesa battaglia a suon di ricorsi al TAR per contestare la regolarità delle procedure d’appalto,  la gestione, dopo una serie di proroghe, è stata infine confermata alla Connecting people nel marzo 2012).

Quanto può durare la detenzione ? Quando vennero aperti in Italia, con la legge Turco Napolitano del 1998, sotto il nome di Cpt, centri di permanenza temporanea, il limite massimo della privazione della libertà era di 30 giorni. Poi passò a 60 giorni nel 2002 con la Bossi Fini. Il pacchetto sicurezza nel 2009 aveva già triplicato il limite da due a sei mesi. Con il Decreto Legge n 89 del 23 giugno 2011 lo vediamo triplicare di nuovo, addirittura a 18 mesi, una pena 18 volte superiore a quella prevista per la stessa infrazione dieci anni fa.

Come si cura L’unica cura per questa “malattia democratica” è la chiusura immediata di tutti i centri.

(rielaborato da un volantino del Comitato Primo Marzo di Trieste)

per approfondire:

siti NO CIE

Macerie

Noinonsiamocomplici

Senzafrontiere

Dossier

ABCie (a cura di Noinonsiamocomplici)

NO CIE (a cura di Indymedia Nordest)

DOSSIER NO CIE 2013 a cura del Coordinamento Libertario Regionale contro il CIE di Gradisca