ZAD e violenza poliziesca in Francia link e approfondimenti

IMG_2207De La ZAD avevamo già parlato in questo blog in due post che raccontavano un po’ di cose sulla resistenza che viene portata avanti dalle/dagli zadist*, sulla natura mafiosa del progetto che viene osteggiato (in particolare all’epoca raccontammo di quello riguardante Notre Dame des Landes) e sul livello repressivo intorno a questa mobilitazione.
Livello repressivo che ha portato alla morte, poche settimane fa di Remì, durante una manifestazione contro la diga di Sivens nel Testet.

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Abbiamo pensato di raccogliere (con l’intento di integrare nel tempo) i link che potrebbero aiutare ad approfondire e mantenerci aggiornat*sulla situazione.

Chiamata de La Zad per una mobilitazione internazionale contro la violenza poliziesca e la repressione per il 22 novembre.

Riportiamo dal blog di un*compagn* una breve introduzione e i primi link

Le ZAD sono la realtà di autorganizzazione politica dal basso che si stanno diffondendo in Francia da qualche anno.

L’acronimo deriva dalla dicitura governativa Zone d’Amengament Différé, Zona di pianificazione differita, con cui viene definita negli atti ufficiali dal potere esecutivo una zona  in cui è previsto un grande progetto urbanistico di rilievo “”pubblico””. Per esempio quella parte di territorio della Bretagna in cui è prevista la realizzazione di un aeroporto, nuove strade e l’espansione dell’attuale porto. Nel luglio del 2011, in chiave anti-capitalista ed ecologista, proprio qui a Notre Dame des Landes, inizia una mobilitazione, che ricorda quella NOTAV (oltre che essere ad essa solidale): trasversale, per quello che riguarda le generazioni e le culture politiche, in conflitto esplicito con il partito al governo di centro-sinistra, luogo di sperimentazione di pratiche di autogestione, accogliente verso la molteplicità delle forme di azione senza però perderne in radicalità.

Se la prima ZAD, come forma di organizzazione militante,  è quindi quella di Notre Dame des Landes, altre se ne creano successivamente, risignificando l’acronimo come “Zone da difendere”, “Zone di autonomia definitiva”. Si tratta di occupazioni continuate delle aree interessate da progetti di speculazione capitalistica in cui si praticano radicalmente nuove forme di vita, di esodo. Forme di lotta contro areoporti, TAV, campi da golf, hotel di lusso, e dighe, come quella a Testet, in cui ci si insedia permanentemente e si attuano pratiche di autogestione e resistenza.

 Zone in cui si sperimentano anche pratiche di difesa e reazione alle varie forme di repressione e di attacco “militare” di stato, dato che il governo, soprattutto per quel che riguarda Notre Dame de Landes e Testet, ha richiesto come in Val Susa la militarizzazione del territorio pur di difendere i cantieri.  Questa violenza poliziesca si sviluppa in continuità con quella che da sempre viene esercitata nella Francia “”repubblicana””, soprattutto nelle banlieue. A più alta intensità durante la guerra d’Algeria, ma non solo (la legge d’eccezione, con coprifuoco e sospensione delle libertà “civili”, utilizzata dal governo nei primi anni ’60, periodo in cui si affogavano e uccidevano gli algerini, era stata riattivata nel 2005 da Sarkozy giustamente per far fronte alle insorgenze nelle banlieue, innescate a seguito della morte di due giovani adolescenti che cercavano di scappare dalla polizia. E l’utilizzo intensivo, in questi giorni, del fermo preventivo di ogni potenziale manifestante non si discosta da questa linea). In continuità perché sono decenni che la polizia mutila, spappola gli occhi, uccide, resta impunita. E ovviamente non solo in Francia  (vedi in Italia, il “non è Stato” su Stefano Cucchi, o gli ultimi aggiornamenti dal ministero degli interni per citare le cose più recenti).

Questa continuità è quindi al cuore di ciò che sta succedendo ora in Francia; la lotta delle ZAD si trova ad incrociarsi ancora di più con quelle contro la violenza poliziesca. L’uccisione di Rémi per il colpo di una granata ha infatti posto a tutt* l’imperativo etico-politico di porsi seriamente il tema della repressione e del monopolio statale della violenza legittima, di posizionarsi e reagire. (Cosa che di fatto ha fatto anche chi, come quella parte di la “sinistra”, ha scelto il solito e infame gioco della distinzione tra manifestanti violenti e non violenti).

E’ questa sfida che stanno affrontando le manifestazioni che si sono susseguite e si susseguiranno in questi giorni in Francia, e le cui discussioni sull’agibilità di movimento davanti alla repressione credo che parlino e debbano parlare anche a chi sta qui, dall’altra parte delle alpi.

Per questo, in ordine cronologico, alcuni testi in Italiano che servono ad approfondire:

Intervento a Radio Onda d’Urto sull’uccisione di Remi, il 26 ottobre e articolo di Baruda.

A Remi, testo di un volantino diffuso il 27 ottobre a Lione.

Report di Infoaut su mobilitazioni a Nantes e a Tolosa il 1 novembre.

Lettera scritta da Farid El Yamni, fratello di Wissam – ucciso dalla polizia il primo gennaio 2012 – alla madre di Rémi Fraisse.

Scritto di un compagno che sta partecipando alle mobilitazioni a Parigi e dintorni.

Appello del 5 novembre ad organizzarsi perché la calma e il silenzio non si installino.

bossoli sparati dagli sbirri durante le manifestazioni de la zad

esempi di bossoli sparati dagli sbirri durante le manifestazioni de la zad

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