Come anarchiche e anarchici, ma soprattutto come soggetti che si considerano QUEER/CUÎR par furlan, abbiamo deciso di essere presenti al pride di Udine e di farlo in maniera attiva, partecipando all’organizzazione di uno spezzone autonomo con l’Assemblea Degenere di Udine, che sia una casa, un porto o una sgangherata zattera, per tutte quelle persone per le quali essere “orgogliosamente” queer/cuîr non è solo una questione di sessualità e di diritto ad amare sotto forma legalizzata, ma resistenza, sovversione e lotta contro la normatività e la società dominante, con l’intento di cambiare lo status quo, non di farsi spazio all’interno di esso (magari chiudendo altr* fuori).
Per noi il Pride ha il sapore della lotta, ha il sapore di quella bottiglia molotov lanciata da Silvya Rivera contro i poliziotti nel 1969 . Per questo non ci interessa bussare alla porta e chiedere permesso per entrare nel mondo della “rispettabilità”. Per noi essere orgogliosamente queer/cuîr vuol dire attraversare tutti gli spazi con i nostri corpi ribelli.
Alla notizia che il percorso di “Pride FVG” non sfilerà davanti al Duomo per “non voler urtare la sensibilità dei credenti cattolici” (secondo le parole dell’organizzazione riportate dal quotidiano locale) non possiamo far altro che rivendicare a gran voce il nostro essere indecenti: siamo lesbiche e cuîr scandalose e libere. Urtiamo le sensiblità di chi ci vuole silenziose, buone, di chi preferirebbe che non disturbassimo troppo, che abbassassimo la voce, che ci adeguassimo ad una sfilata ordinata; che chiedessimo “permesso” e “per favore” affinché le nostre relazioni vengano riconosciute e rientrassimo nei ranghi di una cortese ed educata attesa nel frattempo che qualcun altr* decida per noi se possiamo essere degne di considerazione.
Noi siamo disordine, urla, scrosci di risate, protesta. E non abbiamo nulla di cui vergognarci, di fronte ai secoli di oppressione agita da chi millanta una sensibilità delicata.
Ma più di ogni cosa, non accettiamo l’autocensura da parte di chi si arroga il diritto di rappresentarci: in ricordo dei moti di Stonewall, ricorrenza che pare il Pride abbia oggi completamente cancellato dalla propria memoria nel suo significato più profondo, non accettiamo che la NOSTRA sfilata, la NOSTRA protesta venga depotenziata dall’interno.
Proprio di questi tempi, poi, in cui la stretta securitaria e repressiva si fa sentire in Italia con la recente approvazione del decreto Minniti (diventato legge il mese scorso)autocensurare la propria presenza dallo spazio pubblico considerandola come una possibile offesa per qualcun* (qualcun* che tra l’altro non considera per niente offensiva la propria di presenza per esempio negli ospedali, quando si tratta di urtare la sensibilità e i diritti sulla salute delle donne) ci sembra tutt’altro che un’orgogliosa rivendicazione delle proprie esistenze. Anzi.
Posizioni di questo tipo non fanno altro che avvalorare le tesi contro le quali il Pride storicamente ha sempre combattuto, ovvero che certe persone siano più o meno degne di altre, più o meno funzionali ad un certo “decoro” che il centro delle città meriterebbe in questo caso, che vanno invisibilizzate per essere tolte dalla scena sociale.
Donne per bene e donne per male, rifugiati buoni regolarizzabili e migranti economici, cattivi da respingere e deportare, persone gay rispettabili perchè addomesticate al modello eteronormato e froce ribelli e indecorose da nascondere! NO! A questo teorema ci ribelliamo!
Scenderemo in piazza contro ogni forma di discriminazione, di fascismo, razzismo e sessismo perchè finché ci sarà anche una sola persona oppressa saremo tutt* oppress*. E ci saremo a dire la nostra anche contro questo decreto, perchè la città è nostra e non ce la faremo strappare dalle mani!