La catastrofe di Fukushima ha dimostrato ancora una volta che non esiste un nucleare sicuro, che è sufficiente un solo incidente grave in un secolo (ne abbiamo avuti due in 25 anni, senza contare quelli “minori”) per creare danni terrificanti, compromettere in modo irreversibile l’ambiente in cui vive la specie umana, vanificare in un colpo solo tutti i presunti vantaggi della scelta nuclearista.
Il governo italiano, approfittando del lungo tempo trascorso dalla catastrofe di Chernobyl (26.4.1986) e della scarsa memoria (purtroppo) della popolazione, stava conducendo una campagna propagandistica martellante per il ritorno all’atomo, emanando atti legislativi funzionali solo agli interessi della grande industria.
Dopo Fukushima c’è stata una finta marcia indietro, funzionale solo a creare una “pausa di riflessione” per vanificare il referendum previsto per giugno e permettere alla gente di dimenticare ancora una volta…
Al di là di delle decisioni della Cassazione e della Corte Costituzionale, che in extremis hanno riammesso il referendum antinucleare, deve essere chiaro a tutti che NON E’ IL VOTO MA LA LOTTA CHE DECIDE.
Molte volte lo Stato si è fatto beffe dei risultati di un referendum… vi ricordate quello sull’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti ? O quello sull’abolizione del Ministero dell’Agricoltura ? Sono ancora entrambi lì, inossidabili, grazie a piccoli cambiamenti di dettaglio.
In Italia il movimento antinucleare era nato ben prima di Chernobyl e i referendum del 1987 non obbligavano in nessun modo lo Stato a chiudere le centrali e a non costruirne altre.
Essi semplicemente prevedevano: 1) l’abolizione dell’intervento statale nel caso in cui un Comune non avesse concesso il sito per aprire una centrale, 2) l’abrogazione dei contributi statali ai Comuni sui quali veniva costruita una centrale, 3) l’abrogazione della possibilità per l’ENEL di partecipare alla costruzione di centrali all’estero.
Se in questo caso si è arrivati ad una moratoria di 25 anni è stato solo grazie alla volontà unanime della popolazione di rifiutare il suicidio della scelta atomica, espressa attraverso una mobilitazione costante. Rimanere nel nucleare avrebbe comportato rilevanti problemi di ordine pubblico e controllo politico che nessun governo avrebbe potuto permettersi.
Anche oggi come allora prendiamo in mano la nostra vita, mobilitiamoci, non deleghiamo ad altri le scelte sul nostro futuro !