PRESIDIO TRANSFEMMINISTA SABATO 13 MARZO

In occasione della giornata internazionale della Donna la Coordinamenta Transfemminista di Udine torna in piazza

SABATO 13
dalle ore 16,00
in piazza Libertà angolo via cavour!

per un presidio e una mostra di manifesti TRANSFEMMINISTI
frutto dell’impegno di numerose compagnx in tutta europa dal nome ” We want to make the queer-feminist diversity visible”

Contiamo sulla collaborazione di tuttx le/i partecipanti perchè questa piazza sia uno spazio sicuro sotto ogni punto di vista, per la tutela delle altre come della nostra!

Dopo un anno:

RIVENDICHIAMO fisicamente e collettivamente lo spazio pubblico per una riflessioni critica e politica sulle ripercussioni sociali, economiche e psico-fisiche del confinamento sociale che da un anno stiamo vivendo.

DENUNCIAMO l’aumento della violenze di genere in ambito domestico e familiare, lo sciacallaggio degli antiabortisti per impedire alle donne l’accesso all’IVG, l’evidenza (ancora una volta) che non tutte le vite hanno pari valore nel sistema capitalista eteropatriarcale che combattiamo

INVITIAMO a partecipare tutte le persone che si rispecchiano in qualsiasi genere, orientamento sessuale e identità e che ritengono una priorità la lotta per l’autodeterminazione dei propri corpi e delle proprie vite,la lotta alla violenza contro le donne, allo sfruttamento e all’oppressione patriarcale, all’eterosessualità obbligatoria e al binarismo di genere.

SULLA MOSTRA:
Questa mostra nasce come l’esito di una chiamata internazionale del gruppo Feministas di Leipzig (Germania), un gruppo che si definisce come “un collettivo di artist*, non artist*, persone bianche,
cis, queer, migranti, non migranti e super femminist* e che si batte per le cause del femminismo intersezionale e contro il patriarcato.
A questa chiamata abbiamo risposto partecipando con un nostro lavoro che è diventato un poster e che verrà affisso ed esposto assieme ad altri, oltre a Udine in diversi spazi pubblici europei

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Di imbrattamenti decorosi e imbrattati indecorosi

E’ di questi giorni la notizia che un giovane udinese è stato denunciato per imbrattamento aggravato perché considerato l’autore di una “moltitudine di imbrattamenti”, una novantina, nel centro della città. A questo esito ha condotto la fondamentale indagine che ha impegnato instancabilmente i sagaci Digos locali, coadiuvati niente po’ po’ di meno che dalla polizia scientifica, scrollati dai tre bottegai che hanno sporto la prima denuncia lo scorso settembre. Questo in base a quanto riportato dalle testate giornalistiche locali, in mano a scribacchini talmente pigri che tutte, dalla prima all’ultima, riportano integralmente la versione diffusa dalla Questura, senza neanche alzare il culo per fare due fotografie in strada. I così detti “investigatori”, che in qualche modo le montagne di quattrini che ricevono devono pur giustificarle, ritengono inoltre il writer “vicino agli ambienti anarchici locali”. In tempi in cui per il “pool antiterrorismo” milanese anche una scazzottata tra ubriachi ai navigli viene organizzata da anarchici alla ricerca di consenso, l’acuto accostamento non meraviglia. Tuttavia, siccome ci sono fischiate le orecchie, qualcosa la diciamo anche noi.
Non ci serve conoscere l’autore delle scritte, ammesso e non concesso che tutte queste appartengano alla mano di una persona sola (ci piace pensare a più schegge impazzite possibili) ma dando un’occhiata alle foto a corredo della notizia ci sentiamo di dire che è inadeguato accostare la parola anarchia ad un linguaggio sessista e normativo che, dove non è un omofobico, finisce a fare leva sull’orgoglio della mascolinità tossica per offendere la controparte. Di certo gli spunti su cosa dire delle carogne fasciste non mancano, eppure il livello di fantasia è ancora oggi molto deludente. Noi che la frociaggine ce la rivendichiamo tutta (come del resto l’essere puttane, nel caso venga in mente di parlare di madri per correggere il tiro) pensiamo che usarci come insulto sia a sua volta fascista. “Fasci froci” (1) è un linguaggio stereotipato e aderente alla cultura dominante, patriarcale, anche se viene scritto sui disegni di un fascista dal passato di picchiatore (2) che si cela dietro il nome-farsa di “Città della poesia”, propaganda da sovranisti straccioni travestita da “opera d’arte” e “riqualificazione dei quartieri”.
Nutriamo simpatia verso chi in una città sorvegliata da sempre più numerose e tristi divise e da moltitudini, queste sì, di occhi elettronici a 360 gradi, sporca un poco la putrida pace sociale di una cittadina come tante altre dove, ben prima della pandemia, si istituiva il coprifuoco per i locali gestiti da persone immigrate e si voleva sperimentare l’istituzione di una “zona rossa” dove applicare a piacimento gli standard di decoro definiti dal Daspo urbano a tutela di un centro ormai completamente gentrificato ad uso e consumo dei commercianti e degli hipster loro clienti. Daspo assai sbandierato dalla giunta Fontanini, il sindaco che oggi auspica che “il giudice condanni il responsabile a ripulire le aree della città che ha brutalmente imbrattato”, che però non pretende lo stesso quando a imbrattare con vernice e striscioni sono i fascisti di Casapound, solo perché grazie ai loro voti è stato eletto, salvo poi scaricarli perché troppo imbarazzanti pure per lui.

Per concludere simpatizziamo con la teppa, l’opera illegale, spontanea, anche contradditoria che, perlomeno, ha la dignità di non appropriarsi in maniera misera e vigliacca di volti e concetti che non conosce e di cui purtroppo non può cogliere il senso.

Il vostro decoro è il vero degrado

Anarchiche e anarchici

 

(1)

 

 

 

(2)  https://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2019/11/22/news/imbrattati-i-murales-di-simone-mestroni-1.37962143.

 

 

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20/02 SOLIDARIETA’ AGLI SPAZI SOCIALI A LUBIANA – GIU’ LE MANI DAL METELKOVA!

Riceviamo e diffondiamo l’invito a partecipare a questo presidio in solidarietà agli spazi sociali di Ljubljana
Sabato 20 febbraio
ore 15.30
in via del Teatro Romano (nei pressi della scalinata di santa maria maggiore) presidio sotto il consolato sloveno.

Maggiori info sul presidio qui:

SOLIDARIETA’ AGLI SPAZI SOCIALI A LUBIANA – GIU’ LE MANI DAL METELKOVA!

comunicato del Metelkova

Per una città libera, per una Lubiana antifascista
richiamo a un’iniziativa comune contro le minacce dei gruppi fascisti
Nell’ultimo anno siamo stati testimoni di un graduale aumento dell’audacia di gruppi fascisti nel diffondere una retorica di violenza nei confronti dei migranti, di quell* che la pensano diversamente, de* artist*e, antifascist*, generalmente nei confronti di una società aperta e libera. Il loro odio non si manifesta solamente da tastiera sui social, ma – come si è visto ultimamente – si manifesta anche nella loro presenza come imposizione nel dibattito pubblico. Questo si è visto con la presenza dei “gilet gialli” [diversi da quelli francesi, ndJ] sabato [6/2/2020], e le loro richieste e minacce di disintegrare la Metelkova. Loro non nascondono più la loro natura di ideologia neonazista, perché si rendono conto che hanno un appoggio sicuro dalla parte di chi governa, che gli concede la legittimazione per le loro più vergognose idee.
Una tipica prova della collisione con i valori basilari di una società è l’intervento di stanotte delle forze dell’ordine speciali, armate fino ai denti, che dopo la tranquilla parata funebre dovuta alla perdita della nostra sorella Fabbrica Autonoma Rog, ha occupato le vie intorno all’AKC metelkova mesto. Più di 40 Robocop, con l’accompagnamento di poliziotti in uniforme, hanno poi inondato il piazzale della metelkova, hanno provato a entrare nei club terrorizzando i passanti. Il motivo di questo intervento non è stato dato, hanno parlato solo di “usuale controllo” dei locali di ristorazione.
Una tale e così folta intrusione delle forze speciali, viene da noi intesa come un’inammissibile escalation di tensione da parte della polizia, che così facendo non solo non risolve gli esempi di attacco e minaccia, ma complica la situazione con l’immotivato mostrarsi con la forza, quindi con l’intimidazione e la creazione dell’impressione che la metelkova sia un problema da risolvere con fucili automatici a canna lunga. Sotto il governo di estrema destra la polizia si è trasformata da un’organo professionale autonomo a un’orda di violenta, che crea conflitti e tensioni, invece di attuare i suoi doveri basilari, cioé: garantire la sicurezza de* cittadin* e della comunità, il rispetto della libertà e dei diritti umani, nonché il rafforzamento dello stato giuridico.
Per quest’ondata di politiche di odio e violenza sono responsabili sia i governanti, che sono vicini a chi espone le proprie idee di intolleranza, sia quelli che si descrivono come la loro controparte sensibile alle tematiche sociali, ma che poi hanno demolito il Rog. Le ronde di strada, prendendo spunto dall’autorità cittadina, stanno già cercando nuove forme di azione. Sta diventando solo questione di tempo in che modo la violenza simbolica prenderà forma in attacchi concreti e “pogrom”, indirizzati alle strutture di movimenti sociali e vesro l* abitanti della città.
Ignorare e deridere queste minacce, che già da tempo stanno subendo numerosi spazi di aggregazione e singol*, non porterà alla loro scomparsa nella discarica della storia, dove e come li hanno portati l* nostr* predecessor* col consenso globale. Di sicuro le loro intenzioni vanno ben oltre il momentaneo chiarissimo bersaglio che è la Metelkova. Se vogliamo vivere in libertà, come società dobbiamo fare di più.
Per questo all’AKC Metelkova mesto abbiamo fatto una chiamata di solidarietà e a una ribellione generale contro le minacce delle bande fasciste. Possiamo fermare loro cammino e violenza solamente se siamo uniti. Così, ognuno per sé e tutt* per un*, pensiamo cosa possiamo fare per mostrare chiaramente, che le vie di Lubiana sono antifasciste. Che la violenza fascista con i suoi simboli, messaggi, discorsi sulle nostre vie non abbia seguito. Facciamo in modo che potremo camminare per la nostra città spensierati, baciarci, tenerci per mano, ridere, creare, parlare, vivere. Esattamente così come siamo.
AKC Metelkova mesto
Ljubljana, 9 febbraio 2021

 

 

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Presidio al consolato greco di Trieste il 15 febbraio

Riceviamo e diffondiamo.

Anche qui a Trieste riprendiamo la chiamata lanciata dall’assemblea di Atene del 07 febbraio in solidarietà con Dimitri Koufontinas. Saremo presenti davanti al consolato greco in via Rossini 6 lunedì 15 febbraio dalle ore 10 alle ore 12 in presidio.

Assemblea permanente contro il carcere e la repressione

liberetutti@autistiche.org

Qui di seguito riprendiamo le parole della chiamata:

Alla fine del dicembre scorso il governo greco ha approvato una riforma del sistema penitenziario nazionale che, oltre ad altre misure che peggiorano le condizioni detentive, stabilisce che chi è condannato per terrorismo non possa accedere alle “carceri rurali”, istituti più “aperti” a cui hanno accedono i prigionieri di lungo corso. L’approvazione di questa legge ha subito attivato l’iter burocratico per il trasferimento di Dimitri Koufontinas dal carcere rurale di Kassevitia.

Dimitri è un compagno condannato per la partecipazione all’organizzazione rivoluzionaria 17 Novembre, in carcere dal 2002.

Il nuovo pacchetto di leggi stabilisce che i reclusi nelle carceri rurali vengano riclassificati e trasferiti quindi nell’ultimo carcere in cui sono stati. Nel caso di Dimitri sarebbe dovuto essere quello ateniese di Koridallos. L’amministrazione penitenziaria ha però deciso di trasferirlo, manipolando le carte del trasferimento, nel carcere di Domokos. Nonostante in Grecia non esistano circuiti differenziati, l’intenzione dell’amministrazione penitenziaria negli ultimi anni è stata quella di rendere questa prigione un carcere “duro”.

Un trasferimento punitivo, dunque, volto a colpire un compagno che lotta da sempre, fuori, nelle aule di tribunale, in prigione: da quando è detenuto ha partecipato a numerose proteste e ha intrapreso ben quattro scioperi della fame.

Repressione volta ad annichilire Dimitri Koufontinas ma che si iscrive nel progetto repressivo complessivo dello Stato greco: cercare di schiacciare le parti più radicali e combattive della società per scongiurare l’ipotesi di conflitti futuri.

Davanti al trasferimento Dimitri Koufontinas ha deciso di non rimanere in silenzio e di usare l’unica arma che aveva a disposizione, il suo corpo. Dal 8 gennaio ha iniziato uno sciopero della fame che proseguirà ad oltranza fino a quando non sarà trasferito nel carcere di Koridallos.
Ormai i giorni di sciopero cominciano a essere molti, il compagno si trova in condizioni critiche e precarie nell’ospedale di Lamia: secondo i medici potrebbe avere un tracollo da un momento all’altro.

Durante lo sciopero sono state moltissime le iniziative e le azioni di solidarietà avvenute in tutta la Grecia e non solo: presidi, manifestazioni, scritte sui muri, striscioni, attacchi contro molteplici obiettivi (politici, banche, uffici postali, etc).

Ma proprio ora che il tempo stringe pensiamo sia arrivato il momento di compiere uno sforzo in più.

Pensiamo che la lotta di Dimitri sia anche la lotta di ognuno ed ognuna di noi e siamo convinti dell’importanza di creare ed ampliare legami internazionali, sopratutto in un momento come questo.
Per tutto questo abbiamo deciso di indire per VENERDÌ 12 FEBBRAIO una giornata INTERNAZIONALE di solidarietà e azione per sostenere Dimitri Koufontinas.

LE RICHIESTE DELLO SCIOPERO DELLA FAME DEVONO ESSERE ACCETTATE
LA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE È LA NOSTRA ARMA

Atene, 7 Febbraio

Assemblea di solidarietà con Dimitri Koufontinas

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IN SOLIDARIETA’ CON LE DETENUTE IN LOTTA AL CARCERE CORONEO

SECONDA PROPOSTA DI BATTITURA DELLE DETENUTE DI TRIESTE
LUNEDI’ 15 FEBBRAIO ORE 15.30

Lunedì 1 Febbraio, le detenute del Coroneo di Trieste, insieme ai solidali presenti sotto le  mura del carcere, hanno portato avanti una battitura di poco più di un’ora. Da dentro il grido di indulto e libertà si sentiva chiaro anche nel mezzo del frastuono di pentole e arnesi. La presenza dei giornalisti era massiccia, così come richiesto dalle detenute al
fine di far conoscere la loro lotta. Ma la stampa ufficiale, a quanto pare, non può  rinunciare a “formare le opinioni”, in modo funzionale al potere vigente, piuttosto che informare. Infatti il giorno dopo sul giornale locale Il Piccolo si leggevano frasi come questa: “La ventina abbondante di detenute oggi nelle celle del Coroneo, forse anche per un informazione sul tema non sufficiente all’interno dell’istituto, tenendo conto che molti dei reclusi sono anche stranieri, mostrano infatti diffidenza nei confronti del vaccini”.
Queste quattro righe riassumono bene i preconcetti che lo Stato vuole mantenere saldi attraverso la lettura della sua stampa.
Reclusi e anche stranieri ? Ben due colpe in una!! Non solo “criminali” anche stranieri!! In quanto stranieri non dovrebbero capire a cosa serve o cos’è un vaccino? Sta di fatto che, al di là delle ignoranti e razziste dichiarazioni della giornalista de Il Piccolo, le detenute che ci hanno manifestato la loro contrarietà al ricatto dei vaccini e la rivendicazione di maggior tutela sanitaria, sono chiaramente nostre compaesane o quanto meno dei dintorni. Qui non si pone un problema di nazionalità ma di autodeterminazione sul proprio corpo. I loro dubbi e la loro contrarietà al vaccino e all’essere di fatto obbligate ad assumerlo in quanto detenute, evidenziano due problematiche: la prima è l’efficacia reale e la possibile nocività del vaccino – aspetto questo che ci coinvolge tutti anche fuori – la seconda è l’obbligo per i detenuti di vaccinarsi. Basta guardare al curriculum criminale della multinazionale Pfizer e ai dubbi che un vaccino di tipo genico legittimamente pone, per capire che forse le detenute sono più informate di quanto lo Stato vorrebbe!
Il rumore e i disordini che da ormai quasi un anno prendono vita nelle carceri italiane trovano questa risposta da parte dello Stato: “Ora siete vaccinati, non potete più chiedere sanità, indulto o libertà, ora il carcere è sicuro”. Ma la questione della pandemia è solo la punta dell’iceberg di una condizione carceraria sempre più pesante.
Le detenute parlano di 150 detenuti su circa 187 risultati negli ultimi mesi positivi al covid, momento di massimo livello di contagi all’interno del carcere, tanto da costringere la direzione a non far più entrare nuovi detenuti, trasferendoli in altre carceri della regione.
Le detenute della sezione femminile per due settimane non potevano fare lavatrici, non ricevevano la posta, nessuna visita medica, e per curare il covid c’erano solo psicofarmaci e tachipirina. Sostanze usate solitamente per ogni male quando si è detenuti.
Dopo un mese la situazione non è cambiata di molto, i contagi sono diminuiti in maniera evidente, ma nonostante ciò nessun medico o psicologo si presenta nel carcere da 4 mesi. Le detenute lamentano l’impossibilità – a causa delle regole per evitare il contagio, in qualsiasi caso inattuabili all’interno della struttura – di fare socialità o poter intrattenere altri tipi di attività. Per questo motivo il consumo della cosiddetta “terapia psichiatrica’’ all’interno della sezione è aumentato.
Visto tutto questo, le detenute chiedono di avere esami del sangue sierologici e tamponi piuttosto che esser vaccinate, chiedono i domiciliari per chi ha il residuo di pena e l’indulto!
Le detenute del Coroneo vogliono continuare a ribellarsi ad un carcere che oggi più che mai non ti dà che la sicurezza di ammalarti o di morire. Un carcere in cui la sanità è cosa sconosciuta, e in cui sicuramente non si può affrontare una pandemia!

Per tutto ciò ripropongono una battitura lunedì 15 febbraio alle 15.30. Noi saremo di nuovo fuori dal carcere di Trieste, in via Coroneo, a sostenerle.

Assemblea permanente contro il carcere e la repressione

liberetutti@autistiche.org

7 febbraio 2021

 

 

 

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30/01 Udine 01/02 Trieste: due iniziative anticarcerarie

Riceviamo e inoltriamo

30 GENNAIO UDINE

LUNEDì 01 FEBBRAIO ORE 15.30 TRIESTE SOTTO IL CARCERE DI TRIESTE

CACEROLADA SOLIDALE
CON TUTTI I DETENUTI E LE DETENUTE IN LOTTA
Al presidio dello scorso sabato 23 gennaio, le detenute
della sezione femminile del Coroneo hanno proposto una
battitura in protesta alla situazione che da ormai quasi un
anno tutti i detenuti e le detenute delle carceri italiane
sono costrette a vivere a causa dell’emergenza Covid. Le
detenute propongono una battitura dentro le carceri
alle
15.30 di LUNEDI 1 FEBBRAIO
per dar voce alle loro
rivendicazioni.
Le rivendicazioni sono:
1) Essere sottoposte a tamponi ed esami del sangue
sierologici, piuttosto che essere costrette alla vaccinazione.
2) Indulto
3) Domiciliari per le persone con problemi sanitari e gravi
patologie e per i detenuti in residuo di pena
Ribadiamo che è in corso una strage di Stato, quella che da
marzo 2020 sta avvenendo nelle carceri, dopo i morti della
scorsa primavera tramite le botte e il piombo sparato, le
persone detenute continuano a morire per le negligenze
sanitarie o per le ripercussioni delle botte di un anno fa
come è avvenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
Per unire le proteste che stanno avvenendo nelle altre
carceri di Vigevano, Torino, Varese…
Proponiamo di essere presenti sotto il carcere alle
15.30, con pentole, trombe e tutto ciò che possa far
rumore, in modo tale da poter così dare voce anche
fuori le mura alla loro lotta.
Assemblea permanente contro il carcere e la repressione
liberetutti@autistiche.org

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ROG (Ljubljana) eviction, 19th of January 2021

Apprendiamo dello sgobero del ROG, squat di Ljubljana e dell’arresto e ferimento di alcunx compagnx che vi sono opposti.
Solidarietà!
(del primo tentativo di sgombero nel 2016 parlammo qui
https://affinitalibertarie.noblogs.org/2016/06/10/solidarity-with-rog-ljubljana/

(english below)

AI NOSTRI COMPAGNI INTERNAZIONALI: INVITO ALLA SOLIDARIETÀ

Compagn*! Molte di voi ci siete state, avete combattuto e amato uno dei
due squat a Lubiana. Per 15 anni Rog è stato un centro di attività
politica nella città e nei movimenti internazionali. Oggi la fabbrica di
Rog è stata brutalmente sfrattata. Molte delle nostre compagne sono
state picchiate violentemente e arrestate. Chiediamo solidarietà in
tutto il mondo. Mostriamo agli oppressori di ogni tipo che stanno
scherzando con il movimento sbagliato!

XXX DICHIARAZIONE DELLA FABBRICA ROG SULLO SFRATTO XXX

Martedì, 19 gennaio 2021 alle 7 del mattino, i dipendenti della società
di sicurezza Valina sono entrati prepotentemente negli spazi della
Fabbrica Autonoma Rog. Con la violenza, usando la forza fisica, hanno
ferito alcuni dei suoi utenti e sfrattato tutti. Le nostre cose
personali, animali domestici e preziose attrezzature sono stati lasciati
all'interno, insieme a 15 anni di sogni, attività, progetti, avventure
ed esperienze comuni. La polizia ha innalzato recinzioni intorno a Rog e
ha iniziato a picchiare i sostenitori che si radunavano davanti al
cancello della fabbrica. All'interno del complesso i lavoratori hanno
demolito la maggior parte delle strutture laterali e fracassato le
finestre dell'edificio principale che è tutelato come patrimonio. Allo
stesso tempo stanno portando via, in un luogo sconosciuto, tutta
l'attrezzatura dal Rog. Più di 10 persone sono state trattenute in
custodia, tra cui alcuni dei feriti che necessitano di assistenza
medica. Non abbiamo accesso a loro né abbiamo informazioni su dove sono
stati portati.

Nell'ultimo decennio e mezzo centinaia di utenti hanno utilizzato la
Fabbrica Autonoma Rog per le proprie attività e migliaia di persone
hanno partecipato a vari eventi nei suoi spazi. Migranti, persone ai
margini della società, artisti che non hanno ceduto ai dettami della
cultura capitalistica, pattinatori, artisti dei graffiti, artisti del
circo e altri, che nonostante le pressioni della capitale, della
sicurezza municipale e della polizia, rendono questa città viva e
attiva, vita degna di essere vissuta.

Dall'apertura della fabbrica autonoma Rog il Comune di Lubiana non
tollera un fatto che si mostri specchio alla loro politica
gentrificatrice. Le loro politiche stanno trasformando la città in una
Disneyland per i turisti e stanno mettendo il profitto prima delle
persone. Questo è il motivo per cui hanno annunciato una guerra totale
contro di noi. Dopo anni di procedimenti giudiziari contro gli utenti
senza successo e pubblicamente impopolari, le autorità hanno deciso oggi
per un'irruzione violenta e una completa demolizione dello spazio.
Indipendentemente dal fatto che non abbiano idee o mezzi finanziari per
lo sviluppo futuro dell'area. Inoltre, non molto tempo fa le autorità
municipali hanno dichiarato pubblicamente di non avere alcun piano
concreto per Rog nell'attuale mandato. Non c'erano informazioni su
questo attacco ovviamente attentamente pianificato, nemmeno durante la
sessione di ieri sera del governo municipale. Dopo tutti questi anni di
attività e promozione pubblica del dialogo che il Comune ha da tempo
abbandonato, ci aspetteremmo almeno una scadenza decente per concludere
i nostri progetti in corso, proteggere i nostri averi e una discussione
costruttiva sui piani del comune sul potenziale sfratto degli utenti .
Invece, il Comune di Lubiana mentiva al pubblico, ai consiglieri eletti
e a noi.

L'attacco al Rog non avviene nel vuoto politico. Negli ultimi mesi
stiamo assistendo a vari attacchi alla società civile, Radio Študent,
Metelkova 6 e altri attori critici pubblicamente. In tempi in cui
l'impegno politico si riduce a un'esposizione pubblica volgare di
individui disobbedienti nei media di destra, anche le autorità
municipali hanno deciso di utilizzare mezzi ingannevoli sul territorio,
che si sta propagando come rifugio sicuro contro i governi attuali di
destra. Oggi il Comune di Lubiana ha dimostrato chiaramente da che parte
si trova veramente. Lo sgombero delle persone nel mezzo di una grave
epidemia è assurdo per il comune che vende continuamente la sua immagine
di capitale verde, sociale, culturale e solidale. Dopo la sua campagna
infruttuosa per la capitale europea della cultura con il motto
"Solidarietà", tutte le maschere sono finalmente cadute.

Cosa puoi fare a sostegno del Rog?
1. VIENI DAVANTI ALLA FABBRICA AUTONOMA ROG. Dimostriamo loro che non
siamo soli. Non possiamo lasciare che gli spazi autonomi cadano uno dopo
l'altro! L'attacco a una è l'attacco a tutte!
2. INVIARE UNA LETTERA DI PROTESTA A COMUNE E POLIZIA! PUBBLICALO
ONLINE! Devono essere ritenuti responsabili dei loro crimini, violenze,
profitti e corruzione. Non possiamo permettere che spazzino sotto il
tappeto i loro piani di lucro e gli atti controversi.
3. CONDIVIDI INFORMAZIONI, INVITA AMICI E COMPAGNI.

In questo momento non combattiamo solo per la nostra dignità.
Combattiamo per poter esistere in questa città. Combattiamo per tutto
ciò che non è capitalistico, gentrificato, privatizzato, educato,
ordinato; per tutto ciò che respira liberamente e non si lascia
catturare dalla logica del profitto che gestisce la nostra città comune.
Contro la sinergia opportunistica di fascisti, polizia, profittatori
comunali e il capitale!
Salviamo la Fabbrica Rog!
— “Naši napori v žrtvi in delu bodo razgibali mrtvo telo, in kar je strto ležalo v pepelu, bo kakor slap vzžuborelo v nebo. Poglejte, drugovi: iz naše moči se novo, bodoče življenje budi!”
TO OUR INTERNATIONAL COMRADES: CALL FOR SOLIDARITY
Comrades! Many of you have stayed, fought and loved one of the two
squats in Ljubljana. For 15 years Rog was a centre of political activity
in the city and in the international movements. Today Rog factory was
brutally evicted. Many of our comrades were violently beaten and
arrested. We are calling for solidarity all around the world. Let's show
the oppressors of all kinds they are messing with the wrong movement!
More information below.

XXX STATEMENT OF ROG FACTORY ABOUT EVICTION XXX
Today, on 19 January 2021 at 7 in the morning, employees of the security
company Valina have forcefully entered the spaces of Autonomous factory
Rog. Violently, using physical force, they injured some of its users and
evicted everybody. Our personal belongings, pets and valuable equipment
were left inside, together with 15 years of our dreams, activities,
projects, adventures and common experiences. Police has erected fences
around Rog and started to beat supporters gathering in support in front
of the factory’s gate. In the inside of the complex workers have
demolished majority of side structures and smashed windows on the main
building that is protected as heritage. At the same time they are taking
away, on the unknown location, all the equipment from Rog. More then 10
persons were held in custody, among them some of the injured that need
medical help. We do not have access to them and we don’t have
information on where all of them were taken.

In the last decade and a half hundreds of users have been using
Autonomous factory Rog for their activities and thousands of persons
have attended various events in its spaces. Migrants, persons on the
edge of society, artists that haven’t succumb to the dictate of
capitalistic culture, skaters, graffiti artists, circus artists and
others, who despite the pressures of capital, municipal security and
police, make this city alive and enable life worth living.
Since the opening of Autonomous factory Rog Municipality of Ljubljana
does not tolerate a fact that we show mirror to their gentrifying
politics. Their policies are transforming the city in a Disneyland for
tourists and putting profit over people. This is a reason why they have
announced a total war against us. After years of unsuccessful and
publicly unpopular legal prosecutions of users the authorities today
decided for a legally disputable, violent break-in and a complete
demolishing of the space. Regardless of the fact that they don’t have
any ideas or financial means for future development of the area. Even
more, not long ago municipal authorities have publicly stated that they
haven’t got any concrete plans for Rog in the current mandate. There
were no information about this obviously carefully planned attack, not
even on last night’s session of the municipal government. After all
these years of activities and public promoting of the dialog that the
municipality has long time ago abandoned, we would expect at least a
decent deadline to conclude our current projects, protect our belongings
and a constructive discussion on municipality’s plans on potential
eviction of users. Instead, Ljubljana municipality was lying to the
public, elected councilors and us.

The attack on Rog is not taking place in a political vacuum. In the last
months we are witnessing various attacks on civil society, Radio
Student, Metelkova 6 and other publicly critical actors. In times, when
political engagement is reduced to a low-minded public exposure of
disobedient individuals in right-wing media outlets, municipal
authorities have as well decided to use deceitful means on the
territory, which is propagating itself as safe sanctuary against the
current governments’ phalanx. Today, Municipality of Ljubljana has
clearly demonstrated on which side it really stands. Evicting people in
the middle of a severe epidemics is preposterous for the municipality
that is continuously selling its image as green, social, cultural and
solidary capital. After its unsuccessful campaign for European capital
of culture with a motto “Solidarity”, all masks have clearly finally
fallen.

What can you do in support of Rog?
1. COME IN FRONT OF AUTONOMOUS FACTORY ROG. Let’s show them that we are
not alone. We can’t let autonomous spaces fall one after another! Attack
on one is attack on all!
2. SEND A PROTEST LETTER TO MUNICIPALITY AND POLICE! PUBLISH IT ONLINE!
They have to be made responsible for their crimes, violence,
profiteering and corruption. We can’t enable that they sweep under the
carpet their profiteering plans and contentious acts.
3. SHARE INFORMATION, INVITE FRIENDS AND COMRADES.
Right now we don’t fight only for our dignity. We fight for being able
to exist in this city. We fight for everything that is not capitalistic,
gentrified, privatized, polite, tidy; for everything that breathes
freely and does not allow to be captured by the profit logic that
manages our common city.

Against the opportunistic synergy of fascists, police, municipal
profiteers and capital! Save Factory Rog!

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Presidio al carcere di Trieste sabato 23 gennaio

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Un anno di lager di Stato, un morto ogni sei mesi nel Cpr di Gradisca

Da: https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2021/01/18/un-anno-di-lager-di-stato-un-morto-ogni-sei-mesi-nel-cpr-di-gradisca/

Non siamo appassionati di anniversari e ricorrenze, ma l’anno appena trascorso ha lasciato dietro di sé una lunga scia di morti uccisi dallo Stato e, per questo, ci ha lasciato anche alcune certezze.
Oggi, 18 gennaio 2021, è un anno esatto da una tra le prime di queste morti, quella di Vakhtang  Enukidze, ucciso nel Cpr di Gradisca, ammazzato, secondo i testimoni, dalle botte ricevute dalle guardie armate della struttura. A seguito della sua morte tutti i testimoni furono deportati, i loro cellulari sequestrati, la famiglia di Vakhtang Enukidze in Georgia subì forti pressioni per non prendere parte a un processo penale e, ad oggi, non è stato comunicato alcun esito ufficiale dell’autopsia sul corpo.
In soli sette mesi quindi ci sono state due morti nel Cpr di Gradisca, una a gennaio e una a luglio, e due morti nelle carceri regionali, un detenuto giovanissimo ad Udine ed un altro a Trieste, entrambi, secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), per “overdose”. A marzo nelle carceri italiane ci sono stati altri 14 morti, ufficialmente sempre per “overdose”, in seguito alle rivolte sviluppatesi in oltre 30 penitenziari – al grido di “indulto” e “libertà” – dopo la diffusione incontrollata del covid-19 al loro interno e l’annuncio della sospensione dei colloqui con i familiari.

Grazie al coraggio, alla testimonianza e ai video inviati dai reclusi del Cpr di Gradisca a gennaio 2020, sappiamo che Vakhtang è morto ammazzato dalle botte ricevute qualche giorno prima dai suoi carcerieri, mentre resisteva per rimanere fuori dalla cella a cercare il suo telefono. I giornali locali nel raccontare la vicenda hanno riportato fin da subito le parole del prefetto Massimo Marchesiello che, se in un primo momento blaterava di una “rissa tra detenuti”, poi è passato all’attribuire la morte a un “edema polmonare”, che evidentemente “colpisce” spesso chi viene pestato a morte, come successe anche a Stefano Cucchi.

È sempre solo grazie ai racconti dei detenuti del Cpr che si sa anche che il 14 luglio Orgest Turia è morto in seguito a un’overdose e un suo compagni di stanza è scampato alla stessa sorte. Allora, la prefettura goriziana, assieme alla sindaca Tomasinsig e al personale interno, ha dapprima diffuso la voce di una morte per rissa, poi ha sfruttato la narrazione infame dei detenuti tossici e dello spaccio di sostanze all’insaputa dei carcerieri. In realtà Turia non era tossicodipendente, era un uomo di origini albanesi, portato in Cpr una settimana prima perché era stato trovato senza passaporto.

Sedativi e psicofarmaci sono abbondantemente distribuiti all’interno del Cpr, come in ogni altra prigione, sia al fine di inibire e controllare gli individui più inclini a rivoltarsi sia perché le condizioni degradanti cui sono sottoposti i reclusi spesso li portano a chiederne essi stessi la somministrazione per sfuggire a una realtà quotidiana invivibile.

A Gradisca è incaricata di questo la cooperativa padovana Edeco, che quando non si occupa di asili nido è specializzata nell’ammassare migliaia di donne e uomini richiedenti asilo nelle strutture che “gestisce”, dove spesso si muore, come a Conetta (VE) dove nel 2017 trovò la morte una donna, Sandrine Bakayoko.

Lo scorso 20 novembre cinque detenuti presenti nel carcere Sant’Anna di Modena durante le rivolte dell’8 marzo scorso hanno presentato un esposto alla procura di Ancona per denunciare quanto hanno visto e subito in quei giorni. Hanno raccontato di centinaia di uomini in divisa che hanno puntato le armi contro i detenuti, sparando e uccidendone 9 e dei successivi pestaggi di massa sui prigionieri inermi, proseguiti anche durante i trasferimenti ad altre carceri.

Insomma, con buona pace di procure, prefetture, questure, tv e  giornali, l’overdose c’entra sempre poco. Il copione è sempre lo stesso: provare ad insabbiare l’accaduto, imbastendo alla svelta false verità ufficiali che stravolgono i fatti, trovare qualcuno da incolpare ( i detenuti stessi, criminali e tossici, vaghe regie esterne), terrorizzare e rimpatriare in fretta e furia i testimoni, come dopo la morte di Vakhtang e Orgest.

I parallelismi fra carceri e Cpr non finiscono certo qui: entrambi sono manifestazioni fisiche di oppressione, tortura, ricatto, isolamento, annichilimento e morte, entrambi destinati, nella grande maggioranza dei casi, a quella umanità “di scarto” che non vuole o non può piegarsi ai ricatti dello Stato e del capitale o che è nata con il documento “sbagliato”.

Che tutte quelle mura possano cadere.
Solidarietà ai/le prigionieri//e e a tutti/e i/le rivoltosi/e
A chi è o sarà in fuga dal CPR i nostri migliori auguri!

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Note urgenti contro la campagna militar-vaccinale

Da: https://ilrovescio.info/2021/01/12/note-urgenti-contro-la-campagna-militar-vaccinale/

Una premessa doverosa

Un compagno biologo, dopo un’attenta ricerca sull’argomento, ci ha segnalato diverse inesattezze e un errore più rilevante contenuti nelle nostre Note. Li riportiamo qui, con la giusta dose di autocritica per aver riprodotto una sorta di “catena della fiducia” tra compagne e compagni attorno ad alcune fonti, senza aver ulteriormente approfondito.

Innanzitutto, la biotecnologia usata per i vaccini mRNA non c’entra con l’editing genetico (o genomico). Di conseguenza il parallelo con l’ingegneria genetica applicata alla procreazione non regge.

I vaccini prodotti con virus attenuati e quelli realizzati con proteine distintive del virus purificate non sono equivalenti: i primi sono molto più vecchi, i secondi si sviluppano negli anni Ottanta.

Bisogna anche distinguere i vaccini mRNA da quelli basati su vettori virali (è il caso del vaccino Astra-Zeneca): solo per i secondi si può usare – per lo meno nel linguaggio della biologia – l’espressione vaccini-chimera. Il rischio che si ricombinino con virus presenti in natura e producano degli ibridi con trasmissibilità e virulenza indesiderate, provocando mutazioni di virus e aumentando la loro patogenicità, è decisamente più alto con i vaccini basati sui virus attenuati (è quello che è successo, ad esempio, con il vaccino anti-Polio).

Quando i media parlano del 90% di efficacia dei vaccini mRNA – percentuale che ufficialmente è già scesa al 75%… – non si può dedurne che gli effetti sul restante 10% siano sconosciuti, ma soltanto che quel 10% resta escluso dalla copertura vaccinale.

Anche il dato relativo agli effetti negativi piuttosto gravi delle vaccinazioni ad alto dosaggio in via sperimentale potrebbe essere letto in maniera diversa: gli effetti negativi sono ricercati apposta per stabilire una soglia di nocività.

Detto questo – e ringraziando ancora il compagno per le preziose critiche –, per noi il discorso complessivo contro questa «sperimentazione biopolitica su scala di massa» rimane valido, soprattutto se ci spostiamo dal piano specifico delle tecniche a quello più ampio delle logiche di fondo.

Nel testo scrivevamo, tra le altre cose, che questa sperimentazione verrà usata come cavallo di Troia per giustificare anche in altri campi progetti e prodotti biotecnologici (e per allargare, più in generale, il dominio delle tecno-scienze). Ecco un esempio.

Il 27 gennaio scorso, sul quotidiano francese “Le Monde”, scriveva un collettivo di scienziati: «Il virus che causa il Covid-19 è apparso nel dicembre del 2019, provocando una pandemia mondiale. Un anno dopo, viene lanciata una campagna di vaccinazione. Questa rapidità di reazione, unica negli annali della medicina, è stata permessa dall’ingegneria genetica. Grazie ai suoi metodi, si è analizzato il genoma virale, identificato la proteina-obiettivo per la vaccinazione e costruito dei geni che permettono la sintesi di RNA messaggeri, i quali mobiliteranno l’espressione genica delle cellule dove verranno iniettati, scatenando la risposta immunitaria». Poche righe dopo, dagli esseri umani si passa alle piante: «Parallelamente, un’epidemia virale si diffonde nei campi di canna da zucchero. Diversi virus, trasmessi da pidocchi, la cui proliferazione è favorita dal riscaldamento climatico, provocano una diminuzione del 20% del rendimento. La soluzione tecnica più rapida è stata quella di ri-autorizzare l’uso degli insetticidi neonicotinoidi» (fortemente contestati per gli effetti deleteri che hanno sulle api).

Ora, la tecnica usata per produrre gli insetticidi non è la stessa usata per produrre i vaccini (così come la tecnica dell’mRNA non è quella dell’editing genetico). La logica, però, sì.

Se le condizioni di vita sono sempre più insalubri e patogene, si cambiano le condizioni di vita (a partire dal nostro rapporto con la natura)? No, si alza la soglia di tolleranza. E avanti tutta.

 

 

 

 

 

Note urgenti contro la campagna militar-vaccinale

L’attuale campagna “militar-vaccinale”, pur non arrivando come un fulmine a ciel sereno, è un evento senza precedenti. Il silenzio al riguardo di parte “antagonista” (e anche, con rare eccezioni, anarchica) ci sembra un inquietante segno dei tempi.

Di sicuro stiamo pagando la scarsa attenzione – quando non addirittura l’appoggio – con cui in ambiti “di movimento” era stata affrontata l’introduzione delle vaccinazioni obbligatorie da parte del governo italiano per conto della Glaxo. Non solo rispetto alla medicalizzazione forzata che ha fatto all’epoca un importante balzo in avanti (e che ha preparato il contesto per l’attuale crociata medico-politico-mediatica contro chiunque esprima un parere anche solo blandamente dubbioso sui vaccini anti-Covid); ma proprio per l’accettazione del discorso dominante sul rapporto tra corpo, difese immunitarie e virus, che ha favorito le metafore apertamente belliche alla base dell’attuale gestione politico-sanitaria. Queste assenze e queste debolezze hanno contribuito a lasciar spazio alle più svariate tesi cospirazioniste su cui prolifera l’estrema destra. Ma l’attuale campagna di vaccinazioni non andrebbe contrastata solo per non lasciar spazio a (per mera reazione non si va mai lontano), bensì per la gravità delle sue conseguenze, dalle quale sarà molto difficile tornare indietro.

In questa campagna convergono gli enormi interessi dell’industria farmaceutica (pezzo importante della speculazione finanziaria e di tutto il “sistema del debito”, quindi dell’attacco alle condizioni di vita e di lavoro di miliardi di sfruttati) e la potenza propagandistica degli Stati. Assieme al vaccino si stanno inoculando dosi da cavallo di retorica nazionalista (“siamo il primo Paese in Europa per vaccinazioni eseguite”… un “primato” che vorrebbe cancellarne un altro, decisamente meno entusiasmante: “siamo il Paese con il maggior numero di morti per Covid”) e patriottica (“i sacrifici di tutta la comunità non possono essere vanificati dagli egoisti, dagli irresponsabili”, dai… disertori nell’ora del pericolo). La sostituzione del personale sanitario da parte dei militari per eseguire i tamponi – decisa, non a caso, in ambito NATO (1) – è diventata ora monopolio del Ministero della Difesa nella gestione della logistica per le vaccinazioni. Senza contare che il vaccino anti-Covid prodotto in Israele è stato realizzato nello stesso istituto dove si ricercano e sperimentano armi chimico-biologiche (2). Sotto l’imperio della paura, passa qualsiasi cosa: chiusura di siti contrari ai vaccini, radiazione dei medici dissidenti, silenzio imposto ai dubbiosi (non solo minacciando una dolorosa “solitudine morale”, ma potendo licenziare grazie alle clausole inserite da tempo nei contratti di lavoro di una Sanità aziendalizzata). Il messaggio è chiaro: se non lo accettate di buon grado per “spirito di responsabilità”, ve lo faremo accettare per forza. Magari non con un obbligo diretto, ma con la coercizione indiretta: il governatore della Campania ha già predisposto un nuovo tesserino sanitario che permetterà ai soli vaccinati di avere accesso a certi luoghi o servizi. Insomma, il sistema cinese del “credito sociale” si avvicina.

Benché siano, tutte queste, conseguenze materiali nient’affatto trascurabili, l’aspetto decisivo è un altro. Per capirlo bisogna partire da un dato che, nelle quotidiane cronache della paura e della speranza, non viene neanche minimamente accennato. Sia il vaccino Pfizer-BioNTech sia quello Moderna sono stati sviluppati grazie alla tecnica mRNA. Sono, cioè, vaccini basati sul cosiddetto editing genetico. Poche parole per spiegarlo (e invitiamo quei compagni da anni impegnati nella critica alle varie forme dell’ingegneria genetica ad approfondire meglio di quanto siamo in grado di fare noi con queste prime note). L’editing genetico – già il termine indica quanto tecnologie digitali e ingegneria genetica siano sempre più intrecciate – è quella tecnica che permette sia di riscrivere dal nulla il genoma di un organismo (grazie alla biologia sintetica) sia di “correggere” e modificare un genoma già esistente (l’editing in senso più stretto è proprio la riscrittura di un genoma). La tecnica più in voga è chiamata Crispr Cas/9, perché generalmente utilizza la proteina Cas9, ma per brevità viene indicata con la sigla CRISPR. Si tratta di minuscole “forbici” che possono tagliare e ricombinare le sequenze di DNA. Da anni questo tipo di ricerche – che in Cina sono già state condotte anche su embrioni umani impiantabili, aprendo scenari esplicitamente eugenetici – cercano di aggirare le sempre più rare contestazioni con l’argomento che, a differenza dei “vecchi” OGM, non si inserisce DNA esterno negli organismi, ma si riscrive quello esistente.

I vaccini normali contengono virus indeboliti o proteine distintive del virus che vengono purificate. Un vaccino mRNA (o RNA messaggero), invece, non inietta direttamente proteina virale, ma introduce materiale genetico sintetico che è in grado di codificare da solo la proteina virale, “traducendo” le “informazioni genetiche” nelle cellule dell’organismo. Come diversi immunologi e virologi non completamente allineati stanno dicendo, le reazioni del nostro sistema immunitario sono del tutto sconosciute, al punto che definiscono quelli di cui è partita la somministrazione in questi giorni “vaccini-chimere”. Per dirne una, i vaccini basati su vettori virali possono ricombinarsi con virus presenti in natura e produrre degli ibridi con trasmissibilità e virulenza indesiderate, provocando mutazioni di virus e aumentando la loro patogenicità. Per dirne un’altra, possono provocare malattie autoimmuni. Solo in un mondo digitale in cui tutto è Informazione si può pensare che riscrivendo un pezzo di DNA non se ne possa modificare il “discorso” complessivo (cioè il suo delicato equilibrio). D’altronde, quando il sistema immunitario viene paragonato a un corpo di polizia da compattare di fronte al Nemico, si capisce bene a cosa si stia riducendo la visione del soggetto vivente.

Se teniamo presente che finora nessun farmaco basato sulla tecnologia mRNA è mai stato approvato, anche dopo anni di sperimentazioni cliniche, dai cosiddetti organi di controllo; che gli attuali vaccini mRNA sono stati autorizzati pur avendo alle spalle solo tre mesi di sperimentazione (cosa mai successa nella storia, certo abbondante di aberrazioni, dell’industria farmaceutica); che tre dei 15 soggetti umani sottoposti alla sperimentazione ad alte dosi del vaccino Moderna hanno avuto sintomi gravi e significativi dal punto di vista medico (attenzione quando in televisione annunciano che il vaccino è sicuro al 90 per cento. Che significa? Che ha una copertura del 90 per cento? oppure che i suoi effetti sono noti al 90 per cento? Nel secondo caso, teniamo presente l’ordine di grandezza: il 10 per cento di 3 o 4 miliardi di vaccinati sono trecento o quattrocento milioni di persone); che gli effetti di un test spesso si vedono a distanza di molti mesi; che Pfeizer-BioNTech, e Moderna, e gli altri che si aggiungeranno al colossale banchetto godono dell’immunità legale e quindi non possono essere citati in giudizio nel caso in cui il nuovo vaccino abbia effetti collaterali dannosi o provochi addirittura la morte; ebbene possiamo concludere, senza tema di passare per “complottisti”, che questa è la più vasta sperimentazione medica di massa della storia. Nonché un formidabile cavallo di Troia per l’ingegneria genetica, la cui applicazione non conosce ostacoli (se non quelli, esterni ad essa, della contestazione attiva). Dopo che ci ha “salvato la vita” di fronte al Covid, come rifiutare l’editing genetico, ad esempio, nella procreazione? Come è stato ben riassunto: «Non esistono limiti per coloro che non hanno princìpi».

Si potrebbe anche aggiungere qualcosa sulla tedesca BioNTech (il nome stesso non suggerisce niente?), a cui si deve la creazione del vaccino mRNA contro il Coronavirus. Nata nel 2008, l’azienda è stata quotata in borsa nel settembre 2019, poco dopo aver stretto un accordo di collaborazione sull’editing genetico in campo farmaceutico con la Fondazione Melinda e Bill Gates. Il gigante Pfizer – come ormai avviene di norma con i cosiddetti Big Pharma – ha comprato e fatto fruttare il lavoro svolto da altri. Si tratta di un’informazione utile se non viene isolata dal contesto. La maggiore attività di ricerca in ambito farmaceutico viene svolta da istituzioni pubbliche. Quando le ricerche – il cui indirizzo è esso stesso condizionato dai finanziamenti – dànno risultati promettenti, le multinazionali, forti della loro potenza finanziaria, brevettano e quotano in borsa i farmaci del futuro prima ancora che questi vengano sperimentati.

I vaccini mRNA anti-Covid, verso i quali l’attesa creata nelle popolazioni era inferiore solo all’ingordigia finanziaria di accaparrarsene i brevetti, hanno accelerato in maniera impressionante questo processo biomedico e speculativo già in atto da tempo. Sono oggi un’arma formidabile nelle mani degli Stati per non modificare in nulla un sistema sanitario pubblico al collasso (dei 196 miliardi previsti del Recovey plan, ad esempio, alla Sanità ne andranno circa 10, cioè meno di un terzo dei fondi tagliati negli ultimi dieci anni). Per liquidare ogni discussione sulle cause strutturali di questa epidemia (e delle altre che seguiranno). Per nascondere, dietro il trionfalismo del Rimedio, le responsabilità economiche, politiche e sociali. E per ritardare il più possibile il rischio di pagare il conto per le conseguenze che la gestione dell’epidemia ha avuto e avrà sulla vita di miliardi di persone.

Quello della mera efficacia è un criterio del tutto fuorviante per valutare uno strumento, una soluzione, una tecnica. Per poter stabilire se qualcosa è “efficace”, questo qualcosa si deve già essere realizzato. La teoria, gli ideali, i princìpi orientativi, l’etica, la capacità immaginativa – vale a dire proprio le facoltà umane che lo sviluppo tecnologico cerca con ogni mezzo di soppiantare – servono per chiedersi se certe azioni siano giuste, utili, desiderabili ecc. prima che esse vengano compiute. Se la vaccinazione di massa anti-Covid producesse conseguenze sanitarie disastrose, accertarlo dopo sarebbe troppo tardi. Lo stesso per la creazione di virus ancora più pericolosi e letali. Se invece fosse un “successo”, essa ci farebbe sprofondare ancora di più nell’ingegneria genetica, cioè nel mondo degli uomini-macchina e della Natura-Lego.

Siamo arrivati ad un punto in cui ciò che a noi sembra da irresponsabili è proprio accettare speranzosi oppure seguire la logica “lasciamo passar la nottata” e poi riprendiamo il conflitto. Questa nottata non passa da sola. La pace sociale è ogni giorno di più uno scrigno di sciagure.

Tre postille

Nel coro di promozione della campagna militar-vaccinale non poteva mancare il Papa. Rifiutare di vaccinarsi sarebbe, per il Pontefice, una forma di “negazionismo suicida”. “Negazionismo” – questo ignobile accostamento alla negazione dello sterminio degli ebrei e dell’esistenza storica delle camere a gas – non vale più solo per l’epidemia da Covid, ma anche per le “soluzioni” statal-capitalistiche adottate. Per non essere “negazionisti”, insomma, bisogna accettare il pacchetto completo delle verità rivelate dall’alto. Che in questo caso confinano – è proprio il caso di dirlo – con i miracoli. Essi sono almeno di tre tipi.

1) Per la prima volta nella loro storia congiunta, i profitti del grande capitale e la potenza degli Stati sarebbero volontariamente al servizio dell’umanità. Quelle stesse multinazionali farmaceutiche al centro fino all’altro giorno di scandali più o meno duraturi per aver aumentato di duemila volte il prezzo di mercato di alcuni “farmaci salva-vita”, o per aver nascosto per quindici anni che l’assunzione di un anti-epilettico provocava gravi malformazioni nei feti, improvvisamente diventano insospettabili benefattrici. Che poi le verità trasmesse a reti unificate corrispondano in tutto e per tutto a quello che è forse il più grande business della storia, è solo una pura coincidenza. Un miracolo, non c’è che dire.

2) Stati e capitalisti rimangono quelli di sempre. Ma in questo caso, la congiuntura storica creata dall’epidemia da Covid-19, ha fatto coincidere potenza e profitti stratosferici, da un lato, e la volontà di sopravvivere al virus da parte di miliardi di esseri umani schiacciati o lasciati da parte fino a ieri, dall’altro. Sono l’Umanità, la Responsabilità, la Solidarietà che hanno piegato quei profitti e quella potenza ai propri fini. E anche questo, si converrà, è un miracolo.

3) Non bisogna vaccinarsi per proteggere se stessi – ripetono politici, scienziati e il portavoce di Dio sulla Terra. Questo sarebbe banale “egoismo”. No, bisogna farlo per gli altri, per senso etico, per responsabilità, per spirito comunitario. Così, centinaia di migliaia di persone che non hanno mai mosso un dito per il prossimo – morisse pure di fame, annegato nel Mediterraneo o sotto le bombe occidentali – improvvisamente sono disposte a fare qualcosa per gli Altri, anche assumendosi consapevolmente la propria dose di rischio. Se non è un miracolo, certo è una conversione che gli assomiglia.

1) https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2020/10/assumere-piu-personale-sanitario-no.html

2) https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2020/11/arriva-il-vaccino-anti-covid-lo-produce.html

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Contro lo Stato e le sue stragi

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Streghe Vol(A)nti(nanti) sui muri di Udine

Violenza di genere: i dati italiani del 2020 sono un susseguirsi di percentuali aggravate dalla solitudine e dalla chiusura sociale. 

Mentre durante il lockdown  a livello nazionale  la violenza di genere in ambito familiare e domestico ha raggiunto nuovi tristi primati numerici, non sono nemmeno mancati gli episodi di stupro o tentata violenza ai danni delle donne a livello locale

Ricordiamo e riportiamo all’attenzione pubblica lo stupro di Capodanno, quello di ferragosto a Lignano, il tentativo di stupro all’ospedale di Udine avvenuto qualche settimana fa ai danni prima, di una donna in attesa di cure al pronto soccorso e poi, di una donna anziana ricoverata in un reparto, il recente episodio di via Cividale a Udine, dove all’inizio di Novembre cinque uomini tentavano di stuprare una donna e venivano fermati da un altro uomo che si trovava casualmente sul luogo.

Paradossale e al tempo stesso emblematica della logica che tiene in vita la cultura dello stupro é la narrativa di quest’ultima vicenda proposta dalla stampa locale, che preferisce mettere in risalto il carattere eroico dell’intervento da parte dell’uomo, il quale accorre a scongiurare l’aggressione, piuttosto che soffermarsi sulla gravità in sé dell’atto di violenza perpetrata ai danni della ragazza.  

Non sarà certo un caso che non ci si dilunghi sull’identita e nazionalità degli aggressori, in quanto evidentemente non strumentale al consueto discorso di criminalizzazione dello “straniero” e perciò non funzionale alle solite politiche razziste che alimentano liberticide politiche securitarie.

La violenza eteropatriarcale non va a colpire solo le persone che si identificano come donne, ma tutte le persone che non rientrano nella divisione binaria dei generi e degli orientamenti sessuali, come le persone lesbiche, trans, queer o qualsiasi altra identità di genere che in questa società viene marginalizzata e soffocata.  

Come é impensabile separare le violenze su persone di colore e/o immigrat* dal contesto politico razzista in cui vengono attuate e subite, così é fondamentale comprendere che ogni atto di violenza sessista, omofoba, transfobica, non fa altro che riaffermare il potere eteropatriarcale e il dominio degli uomini sui corpi delle donne e delle persone lesbiche, trans, queer o qualsiasi altra individualità oppressa perché appartenente ad una categoria diversa dal modello universale maschile eterosessuale. 

Ribadendo che non sentiamo assolutamente il bisogno di farci proteggere da uomini-eroi (con o senza divisa), ma anzi rifiutando completamente questa logica che relega l’aggressione a un fatto quasi di sfondo e che ne pone in secondo piano la matrice sessista, esprimiamo solidarietà verso tutte le vittime di violenza eteropatriarcale, lesbofobica e transfobica. 

La cultura dello stupro colpisce ogni donna, lesbica, persona trans, gay, queer. 

Lo stupro di una donna, di una persona lesbica, trans, gay, queer è un atto di violenza, terrore e limitazione rivolto a tutt*. 

Inchiodiamo gli uomini e le istituzioni alle loro responsabilita’ e identifichiamo in queste ultime le vere fautrici di una violenza strutturale a cui ci opponiamo come soggettivita’ antirazziste, antifasciste e antisessiste.  

Mentre scriviamo questo, probabilmente già non esaustivo, elenco di atti di prevaricazione violenti, apprendiamo di un altro femminicidio in provincia di Pordenone, quasi a sfottò, proprio il giorno contro la violenza maschile sulle donne.

La MERDA FEMMINICIDA L’omicida ci ha pure provato a parlare di black out  e i media non hanno lesinato ad usare queste parole quasi per minimizzare la responsabilità del gesto. E poi…nemmeno 24 ore dopo, l’ennesimo atto di revenge porn ai danni di una donna che non ne vuole sapere più di un uomo e che si ritrova minacciata di essere buttata on line nuda.

BASTA!

Non perdoniamo e non ci lasciamo sottomettere e rivendichiamo
l’autodifesa femminista!

Patriarcato: gioiremo solo quando sarai bruciato!

Streghe vol(A)nti(nanti)

 

 

Pubblicato in Anarchia, anarcoqueer, Antisessismo, assemblea degenere, Autogestione, DIY, TransFemmQueer, Volantini | Commenti disabilitati su Streghe Vol(A)nti(nanti) sui muri di Udine

UN’UNICA CERTEZZA

2 settimane di mobilitazione a sostegno degli anarchici e delle anarchiche sotto processo.

Oggi assistiamo ad un inasprimento della repressione facilitato dall’emergenza sanitaria COVID-19 e, di conseguenza, ad un attacco a tutte le forme di conflittualità compreso il movimento anarchico.
Centinaia di compagni e compagne sono e saranno a breve processati per diverse operazioni repressive portate avanti dalle Procure: Scripta Manent, Panico, Ritrovo, Bialystok, Lince, Renata, Scintilla, Prometeo, il processo del Brennero, il processo per l’attacco alla sede della Lega di Treviso.
A governare sembrano di fatto Confindustria, la direzione Antiterrorismo e  l’Antimafia, e lo Stato si concentra nel cancellare la pratica dell’azione diretta e persino il pensiero sovversivo.
E allora, collegare le epidemie al saccheggio capitalista del pianeta diventa una premessa di “terrorismo”, così come ogni forma di mobilitazione può diventare un “reato associativo”.
Quando il conflitto assume la forza della rivolta – come è successo a marzo nelle carceri – la risposta dello Stato ricorda i tempi di Dalla Chiesa: irruzioni armate di guardie e carabinieri, pestaggi sistematici e una vera e propria strage con la morte di 15 prigionieri.

L’Amministrazione Penitenziaria sparpaglia e isola rivoluzionari e ribelli nei diversi gironi del sistema carcerario, impedisce ogni contatto con l’esterno e la presenza fisica degli imputati nei processi con l’uso della videoconferenza. Ma anche estende a tutti i prigionieri alcune prassi detentive che caratterizzano il regime 41 bis, tra tutte colloqui ridotti con divisori in plexiglass, censura sulla corrispondenza, chiusura delle celle.
Le procure dal canto loro, ricostruiscono la storia del movimento anarchico dividendo le pratiche rivoluzionarie in “accettabili” e “terroristiche”.

La forza del reame è la debolezza delle lotte. Un sistema che produce solo sciagure sociali, economiche, ambientali si regge sulla paura e ricorre ogni giorno di più al linguaggio della guerra.
Proponiamo quindi due settimane di mobilitazione dal 9 al 24 novembre.

IN SOLIDARIETÀ AI COMPAGNI E ALLE COMPAGNE SOTTO PROCESSO
CONTRO LA DIFFERENZIAZIONE E L’ISOLAMENTO CARCERARIO
PER RICORDARE I MORTI NELLE CARCERI
PER RISPONDERE AI NUOVI CONFINAMENTI E AL COPRIFUOCO

Perché la fiaccola della rivolta non si spenga mai e sempre nuove mani siano pronte ad afferrarla.
In un presente incerto – per noi, ma anche per i padroni – l’unica certezza è che resistere e contrattaccare è giusto.

CONTRO IL CARCERE E PER LA LIBERAZIONE DI TUTTI E TUTTE LE PRIGIONIERE

Pubblicato in Anarchia, Carcere, Iniziative, Repressione, Solidarietà, solidarietà anticarceraria | Commenti disabilitati su UN’UNICA CERTEZZA

No ai licenziamenti politici! Presidio di solidarietà – Udine – 19 ottobre

Riceviamo e diffondiamo esprimendo solidarietà al compagno colpito da questa vicenda!

No ai licenziamenti politici! Presidio di solidarietà – Udine – 19 ottobre

Il 10 febbraio scorso un compagno dell’Assemblea permanente contro il carcere e la repressione ha ricevuto la lettera di licenziamento dalla cooperativa sociale presso la quale lavorava da molti anni.
Federico è stato licenziato per rappresaglia, perché in questi anni ha continuato a difendersi dalle condotte autoritarie e a contrastare le logiche di dominio e sfruttamento di quelle organizzazioni che si dicono “laboratori di democrazia” ma che come tutti i padroni creano solo miseria e disperazione.
Lunedì 19 ottobre presso il tribunale di Udine, si svolgerà l’udienza a seguito dell’impugnazione del licenziamento, perché la cooperativa sociale Aracon lo ritiri.

L’appuntamento per un presidio in solidarietà a Federico, per chi vuole continuare a lottare e resistere contro la repressione, è davanti al tribunale di Udine, in Largo Ospedale Vecchio, lunedì 19 ottobre a partire dalle 10.30.

COOP SOCIALI E TERZO SETTORE = SFRUTTAMENTO E REPRESSIONE!

Assemblea Permanente contro il carcere e la repressione

Udine-Trieste, 12 ottobre 2020

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Mobilitazione in solidarietà con gli/le anarchici/che sotto processo | 9-24 Novembre 2020

Nei mesi autunnali saranno diversi i processi che coinvolgeranno centinaia di anarchici e anarchiche.
In queste inchieste PM e giudici vogliono processare l’ideale anarchico. Ridurre le differenti tensioni e pratiche in farraginosi schemi giuridici – come l’odiosa e patetica divisione tra un anarchismo “buono” e uno “cattivo” – ha lo scopo di reprimere con decenni di carcere chi lotta.
In un periodo storico in cui le condizioni di vita imposte sono sempre più dure è fondamentale lottare. Rispondere alla violenza dello Stato, al regime di oppressione che vorrebbe imporre e al tentativo di attaccare chiunque esprima solidarietà a chi ha già scelto da che parte stare.
Porteremo alle nostre compagne e ai nostri compagni vicinanza e complicità ma non solo nelle aule di tribunale: lanciamo due settimane di mobilitazione dal 9 al 24 novembre, un’occasione per creare momenti di solidarietà attiva nelle piazze, nelle strade e ovunque si voglia esprimere.

AL FIANCO DI TUTTE LE ANARCHICHE E GLI ANARCHICI SOTTO PROCESSO
CONTRO IL CARCERE E PER LA LIBERAZIONE DI TUTTI/E I/LE PRIGIONIERI/E

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DAL CARCERE DI TERNI: PROTESTA IN SOLIDARIETA’ AGLI ANARCHICI BEPPE E DAVIDE

DAL CARCERE DI TERNI: PROTESTA IN SOLIDARIETA’ AGLI ANARCHICI BEPPE E DAVIDE

Inizio di uno sciopero del carrello della durata di 2 settimane, dal 19 di Ottobre al 1 Novembre.

Stiamo assistendo da parte dello Stato ad un attacco su più fronti alle pratiche di solidarietà:

Viene colpito chi manifesta la propria solidarietà a prigioniere e prigionieri in lotta. Viene colpito chi dentro il carcere risponde alle provocazioni dei secondini e chi riceve solidarietà per le lotte intraprese. Viene colpito chi ha partecipato alle rivolte e alle proteste nelle carceri degli ultimi mesi, rivolte che in Italia hanno registrato 14 morti, con rappresaglie che vanno dai pestaggi e le sanzioni disciplinari fino ai processi con accuse in alcuni casi perfino di devastazione e saccheggio.

Durante l’emergenza Coronavirus e le rivolte lo Stato ha seppellito ancora di più noi detenuti/e in bare di cemento armato e sbarre, trattandoci come topi in una nave che affonda e isolandoci completamente dal mondo tagliando tutti i pochi ponti che ci collegavano con l’esterno. Le condizioni di vita nelle carceri italiane e il fuoco che cova costantemente sotto le ceneri unite a ciò che stava accadendo ha fatto in modo che la situazione diventasse a molti e molte insopportabile. Senza le rivolte delle persone recluse probabilmente oggi tutti noi saremmo di fatto completamente isolati nelle carceri, senza la possibilità di contatto con i nostri cari, con i nostri affetti, persino con i/le nostri/e avvocati/e.

Come anarchici non scordiamo le responsabilità dello Stato e della società capitalista: lo stile di vita consumista è la causa principale di questa pandemia che ha inasprito l’isolamento sociale, il razzismo, il patriarcato, tanto dentro le carceri che fuori di esse, così come lo sfruttamento sfrenato, l’inquinamento e l’avvelenamento che continuano a compromettere le possibilità di una vita degna per tutto questo pianeta.

Per tutti questi motivi rinnoviamo la nostra solidarietà a chi si ribella e che lotta, tanto dentro le carceri quanto nel mondo intero, e a tutte le individualità anarchiche indagate, prigioniere, quelle colpite da misure restrittive della libertà e a quelle latitanti, in special modo ora che dobbiamo affrontare i numerosi processi per terrorismo che sono la conseguenza della lotta anarchica portata avanti con passione e determinazione.

 

Per tutti questi motivi noi anarchici della sezione AS2 di Terni comunichiamo che cominciamo uno sciopero del carrello della durata di 2 settimane, dal 19 Ottobre al 1 Novembre per esprimere solidarietà all’anarchico Beppe, rinchiuso in maniera punitiva nella sezione protetti del carcere Pavia chiedendo che venga trasferito, e all’anarchico Davide Delogu, rinchiuso nel carcere di Caltagirone e sottoposto all’art. 14 bis per il suo atteggiamento ostile alla domesticazione del carcere, chiedendo che venga tolto dall’isolamento e revocato il regime detentivo vessatorio a cui è sottoposto da tempo.

 PER LA DIFESA E LA PROPAGAZIONE DELLE PRATICHE DI SOLIDARIETA’

PER L’ANARCHIA!

Carcere di Terni, sezione AS2, Settembre 2020

(data di invio della lettera: 23/09/2020)

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CPR DI GRADISCA: L’ITALIA DEPORTA PERSONE ARRIVATE IN BARCA A LAMPEDUSA DA GRADISCA + MANCATO SOCCORSO + MINACCIA DI TRASFERIMENTO A PONTE GALERIA

Con richiesta di massima diffusione:

CPR DI GRADISCA: L’ITALIA DEPORTA PERSONE ARRIVATE IN BARCA A LAMPEDUSA DA GRADISCA + MANCATO SOCCORSO + MINACCIA DI TRASFERIMENTO A PONTE GALERIA

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PESTAGGI E FERITI NEL CPR DI GRADISCA – notte 14/08

Riceviamo e riportiamo, con richiesta di massima diffusione:

PESTAGGI E FERITI NEL CPR DI GRADISCA – notte 14/08

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SITUAZIONE INSOSTENIBILE: CHIUDERE SUBITO IL LAGER!

Riceviamo e diffondiamo:

SITUAZIONE INSOSTENIBILE: CHIUDERE SUBITO IL LAGER!

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Vittima della violenza dei carabinieri di Piacenza internato in CPR

Quella che segue è la storia di H. rinchiuso nel CPR di Gradisca dal 12 luglio. Una storia  emblematica di come il sistema del rimpatrio e della detenzione amministrativa in Italia sia in realtà un tritacarne di vite umane. Questa storia però ha qualcosa di diverso dalle altre, perché si intreccia con l’inchiesta sui carabinieri della caserma Levante di Piacenza.

Come riportato in numerosi articoli di stampa facilmente reperibili online, H. viene fermato nell’ottobre 2017 in un parco della sua città assieme alla sua ragazza, e viene portato nella caserma dei carabinieri. La città è Piacenza, la caserma quella di Levante, salita agli onori delle cronache perché lì dentro i carabinieri tenevano le fila del traffico di droga della città, torturavano e arrestavano illegalmente.

Secondo quegli articoli, H. viene arrestato dai carabinieri, che lo riempiono di botte (e ora per questo sono indagati) e gli mettono dell’hashish in tasca, accusandolo di spaccio. I carabinieri di Piacenza possono così vantare l’arresto di uno spacciatore, e H. a causa di quei fatti finisce in carcere per quattro mesi.

Poco dopo essere scarcerato, il 12 luglio scorso, viene portato nel CPR di Gradisca. Viene tenuto in isolamento per settimane in una cella senza nemmeno un materasso su cui dormire. Si ritrova con una grossa cisti in testa, vorrebbe essere visitato da un medico, ma le sue richieste rimangono inascoltate. Minaccia di tagliarsi la cisti con un rasoio: “almeno così mi porteranno in ospedale”, dice.

Il 4 agosto H. viene portato dal Giudice di Pace che deve convalidare il rinnovo del trattenimento nel CPR emesso dal Questore di Gorizia. È fiducioso, nel frattempo la verità è venuta a galla e se ne parla su tutti i media. Ma il buon senso, la ragione e la giustizia non abitano in quel tribunale. Da quando il CPR di Gradisca è stato aperto gli avvocati degli internati ci hanno segnalato numerosi casi di persone che avrebbero potuto o dovuto essere liberate, ma sono state costrette a rimanere rinchiuse, perché il giudice La Licata convalida quasi sempre i trattenimenti. Per H. sentenzia 45 giorni di trattenimento.

Lui non si capacita della cosa, durante la notte sale sul tetto di una struttura dentro il CPR, circondato da decine di agenti che lo inseguono. Poi scivola, cade giù, si frattura una mano. Passa molte ore a urlare dal dolore, ma non viene portato in Pronto soccorso, e la sua avvocata è costretta a telefonare e insistere perché venga visitato in ospedale.

H. nel CPR non dovrebbe starci, così come non dovrebbero starci tutti gli altri reclusi; lui, in più, è parte lesa e dovrà testimoniare al processo di Piacenza.

Purtroppo tutto questo avviene quando i fatti di quella caserma dei carabinieri sembrano già dimenticati, mentre manipoli fascisti irrompono in Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, il quale asseconda le loro richieste azzerando i fondi destinati all’integrazione delle persone straniere, e sui social si invocano i forni crematori per le persone che precise scelte politiche assembrano a centinaia dentro caserme dismesse, per poi denunciare a gran voce il pericolo dello straniero untore.

Noi però non dimentichiamo, la storia di H. è scritta nero su bianco, nessuno potrà dire di non sapere. Se H. verrà deportato contro la sua volontà nel suo Paese d’origine, se gli succederà qualcosa dentro al CPR, se non verrà liberato, ci ricorderemo che lui era testimone e parte lesa in un processo che ha tra gli imputati dei cosiddetti servitori dello Stato.

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